A seguito del riconoscimento della paternità, ai sensi dell’art. 262 c.c., è ammissibile l’attribuzione del cognome del genitore che ha proceduto per secondo al riconoscimento del figlio, in aggiunta a quello del genitore che ha per primo effettuato il riconoscimento, purché non arrechi pregiudizio al minore in ragione della cattiva reputazione del genitore e non sia lesiva dell’identità personale del figlio ove questa si sia consolidata, con l’uso del primo cognome, nella trama dei rapporti personali e sociali.
È quanto prevede la Corte di Cassazione, Sez. I Civile, con l’ordinanza del 26 agosto 2025 n. 23905.
Nel caso di specie, il padre depositava ricorso in Tribunale per ottenere una pronuncia che tenesse luogo del consenso dell’altro genitore al riconoscimento della figlia minore, reclamando altresì l’affidamento condiviso della figlia e l’integrazione del suo cognome a quello materno.
La convenuta si costituiva in giudizio senza opporsi al riconoscimento, ma contestando la richiesta di affidamento condiviso della minore, essendosi il padre disinteressato della figlia sino a pochi mesi prima della causa.
All’esito del giudizio di primo grado, il Tribunale dichiarava il ricorrente padre della minore, ma disponeva l’affidamento esclusivo c.d. rafforzato della figlia alla madre. Il Tribunale stabiliva altresì che non poteva essere accolta la domanda dell’attore volta all’aggiunta del cognome paterno a quello materno, considerata la lunga assenza del padre nella vita della bambina e la mancata collaborazione con i Servizi incaricati di agevolare il riallacciamento dei rapporti tra il genitore e la figlia.
Avverso la sentenza proponeva appello il padre della bambina. La Corte d’Appello confermava sostanzialmente la pronuncia di primo grado. Il padre della minore proponeva allora ricorso per Cassazione.
In punto di attribuzione del cognome paterno alla bambina, la Suprema Corte ha osservato che, nel momento in cui il Giudice è chiamato a valutare l’attribuzione del cognome al figlio naturale riconosciuto non contestualmente dai genitori, egli è investito del potere-dovere di decidere su ognuna delle possibilità previste dalle disposizioni dell’art. 262, commi 2 e 3, c.c. avendo riguardo, quale criterio di riferimento, unicamente all’interesse del minore, da valutarsi in concreto e con esclusione di qualsiasi automaticità.
Tale valutazione è stata effettuata dal giudice di merito, che ha considerato plurimi elementi in fatto (quali la prolungata pregressa assenza del padre, le persistenti carenze di quest’ultimo, la circostanza che la bambina avesse già avviato il proprio percorso scolastico identificandosi con il cognome materno, non avendo avuto modo di riconoscersi nell’ascendenza paterna sino ad allora, la tutela dell’identità della minore già formatasi almeno in parte), giungendo a ritenere, nel caso concreto, la sussistenza dell’interesse della minore a mantenere esclusivamente il cognome materno.
La domanda del ricorrente è stata, pertanto, nuovamente rigettata.
avv. Federica Boga