L’assegno di mantenimento può essere rivisto, presentando al Giudice il ricorso per la revisione delle condizioni economiche di separazione o divorzio, nell’ipotesi in cui le disponibilità economiche di una parte subiscano una rilevante modifica rispetto al tempo dell’emessa sentenza, tale da giustificare un aumento o una diminuzione dell’ammontare dell’assegno mensile.
Può accadere, infatti, che l’ex coniuge che beneficia del mantenimento ottenga un aumento del proprio stipendio in ragione del quale l’altro ex coniuge potrà richiedere una diminuzione dell’importo mensile che è obbligato a versare; o, al contrario, se ad aumentare fosse il reddito dell’ex coniuge obbligato al mantenimento, l’altro potrebbe chiedere un aumento dell’assegno percepito.
Si tratta di variazioni economiche derivanti da fatti successivi e sopravvenuti rispetto alla situazione economica esistente al tempo della sentenza di separazione o divorzio e che non devono dipendere dalla volontà del soggetto interessato.
È intervenuta sul punto una recentissima sentenza della Corte di Cassazione (Cass. Civ. n. 11504 del 7.2.2018), con la quale i Giudici, chiamati dalla ex moglie a decidere sulla richiesta di aumento dell’assegno di mantenimento a suo favore in ragione della propria perdita del posto di lavoro, hanno negato qualsivoglia aumento a carico dell’ex marito in ragione del fatto che la donna aveva deciso consapevolmente di dare le dimissioni e, pertanto, il peggioramento della sua situazione economica era dipeso da una sua autonoma e libera volontà e poteva anche essere evitato.
Se, infatti, da un lato il licenziamento potrebbe giustificare l’aumento dell’assegno di mantenimento (seppur, ovviamente, con tutti i limiti derivanti dall’eventuale responsabilità del lavoratore laddove si tratti di licenziamento disciplinare conseguente a negligenza), dall’altro lato non è possibile addossare all’ex coniuge una scelta autonoma dell’altro.
avv. Marta Cipriani