SLM | NEWS Il rapporto di lavoro nel contesto familiare quale ambito di applicazione residuale dell’istituto dell’impresa familiare.

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SLM | NEWS Il rapporto di lavoro nel contesto familiare quale ambito di applicazione residuale dell’istituto dell’impresa familiare. 1400 800 Stefania Massarenti

L’impresa familiare, secondo il dettato dell’art. 230-bis c.c., è quella in cui collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado.

La norma prevede che il familiare che presta in modo continuativo la sua attività di lavoro nella famiglia o nell’impresa familiare ha diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia e partecipa agli utili dell’impresa familiare e ai beni acquistati con essi, nonché agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento, in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato.

La ratio dell’istituto è dunque quella di far rientrare in questa categoria il lavoro svolto gratuitamente dai familiari conviventi, che – a fronte del loro impegno – hanno diritto a essere mantenuti dal titolare e a partecipare agli utili dell’azienda.

In una recente sentenza, la n. 241/2025 del 6 marzo 2025, il Tribunale di Caltagirone ha affermato “il carattere residuale e suppletivo dell’istituto dell’impresa familiare, trovando riconoscimento solo quando non sia configurabile un diverso rapporto – subordinato, autonomo, parasubordinato o societario – ed appresta una tutela minima a quei rapporti che si svolgono negli aggregati familiari”.

Nel caso ivi trattato, dalle risultanze istruttorie era emerso che i rapporti di lavoro instaurati tra una società di persone e le mogli dei soci rivestivano tutti i caratteri della subordinazione, atteso che queste ultime svolgevano, con carattere di continuità, mansioni di addette alle vendite, secondo un orario e turni prestabiliti, e percepivano uno stipendio mensile senza ricevere alcuna partecipazione agli utili della società.

Per il Tribunale siciliano, la sola elasticità degli orari concessa alle lavoratrici, in presenza degli altri elementi tipici della subordinazione, non dimostra di per sé l’esistenza di un’impresa familiare.

Il Tribunale ha pertanto rigettato la richiesta, avanzata dall’INPS, di iscrizione delle lavoratrici quali collaboratrici familiari e per l’effetto dichiarava la non esigibilità dei contributi richiesti attraverso la notifica di avviso di addebito.

La pronuncia in esame si pone dunque in continuità con l’orientamento giurisprudenziale di legittimità e di merito (Cass. civ., Sez. II, ord. 31.01.2025, n. 2355; Trib. Velletri, Sez. lav., 11.12.2024, n. 1771; Corte Cost. 25.07.2024, n. 148) che ha rilevato il carattere residuale dell’istituto in esame, il quale troverà applicazione esclusivamente nei casi in cui il rapporto di lavoro non sia inquadrabile in un diverso regime giuridico.

avv. Stefania Massarenti e dott. Angelo Plebani

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