Nell’ordinamento italiano il regime patrimoniale legale dei coniugi, in mancanza di diversa convenzione, è costituito dalla comunione dei beni.
La comunione legale ha ad oggetto gli acquisti compiuti da ciascun coniuge, insieme o separatamente, in costanza di matrimonio. Non tutti gli acquisti compiuti durante il matrimonio, però, cadono in comunione legale. Ai sensi dell’art. 179 c.c. sono beni personali del coniuge, che rimangono di proprietà esclusiva di chi li acquista:
- i beni di cui si era già titolari prima del matrimonio;
- gli acquisti successivi al matrimonio ma derivati da donazione o successione;
- i beni di uso strettamente personale e i loro accessori;
- i beni che servono all’esercizio della professione del coniuge;
- i beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno nonché la pensione attinente alla perdita parziale o totale della capacità lavorativa;
- i beni acquistati con il prezzo del trasferimento dei beni personali o con il loro scambio.
Se l’acquisto effettuato in costanza di matrimonio ha ad oggetto un bene immobile o un bene mobile registrato, per escludere detto bene dalla comunione non basta che il coniuge acquirente dichiari che l’acquisto avviene con propri beni personali, ma è necessaria la partecipazione all’atto notarile anche del coniuge non acquirente, il quale deve confermare che l’immobile è acquistato con beni personali del consorte acquirente.
Sul punto, la Corte di Cassazione, Sezione I Civile, con ordinanza n. 20332 del 21 luglio 2025 ha affermato che la dichiarazione ai sensi dell’art. 179, comma 2, c.c. si pone come condizione necessaria ma non sufficiente per l’esclusione del bene dalla comunione, occorrendo a tal fine non solo il concorde riconoscimento, da parte dei coniugi, della natura personale del bene medesimo, ma anche l’effettiva sussistenza di una delle cause di esclusione dalla comunione, tassativamente indicate dall’art. 179, comma 1, lettere c), d) e f), c.c.
Ne deriva che la dichiarazione con cui il coniuge non acquirente riconosce che il bene immobile viene acquistato con beni personali dell’altro coniuge equivale a confessione stragiudiziale, con l’effetto di escludere il bene dalla comunione, soltanto se è relativa a specifici fatti esistenti e circostanziati. Al contrario, la dichiarazione non assume valore confessorio qualora sia generica e ove manchi l’espressa indicazione della provenienza delle somme impiegate per l’acquisto del bene.
Tale orientamento giurisprudenziale è stato recentemente confermato dalla Corte di Appello di Bologna con la sentenza n. 1687 del 7 ottobre 2025.
Avv. Federica Boga