SLM | NEWS Un’impresa cinese può partecipare alle gare pubbliche italiane ed europee?

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SLM | NEWS Un’impresa cinese può partecipare alle gare pubbliche italiane ed europee? 1400 800 Matteo Parini

Secondo il diritto europeo, gli Enti appaltanti devono rispettare la c.d. condizione di reciprocità, ossia accordare “un trattamento non meno favorevole” alle imprese di Paesi extra UE, ma solo se questi Paesi hanno aderito all’Accordo internazionale sugli appalti pubblici del 1994 (“AAP”) – e per gli appalti ivi previsti – oppure ad altri accordi internazionali a cui l’UE è vincolata (art. 25 della Direttiva 2014/24, recepito dall’art. 69 del D.Lgs. n. 36/2023).

Questa condizione non ricorre, ad esempio, per la Cina, che non fa parte dell’AAP, né di siffatti altri accordi internazionali con l’UE.

Ciò, però, non significa che il nostro ordinamento (europeo e nazionale) precluda automaticamente a un’impresa cinese la partecipazione alle gare, ma solo che il singolo Ente appaltante possa decidere se escluderla (o penalizzarla nel punteggio), alla luce delle regole stabilite nella propria legge di gara.

E’ questo, in sintesi, l’insegnamento che si trae dalla sentenza del Consiglio di Stato (Sez. V, n. 3721 del 2.5.2025), che ha affrontato il tema della partecipazione a una gara da parte di un’impresa cinese (in quel caso, come ausiliaria nell’ambito di un contratto di avvalimento).

In primo grado, il Tar Campania aveva affermato che l’esclusione dell’impresa cinese dalla gara “discende direttamente dal citato quadro normativo sovranazionale e nazionale”.

Il Consiglio di stato ha ribaltato tale pronuncia, richiamando la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (sentenze del 13.3.2025, C-266/22, e del 22.10.2024, C-652/22) secondo cui:

  • in assenza di atti adottati dall’Unione, spetta all’ente aggiudicatore valutare se debbano essere ammessi a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico gli operatori economici di un paese terzo che non abbia concluso con l’Unione un accordo internazionale tale da garantire l’accesso paritario e reciproco agli appalti pubblici e, qualora ne decida l’ammissione, se si debba prevedere un adeguamento del punteggio risultante dal confronto tra le offerte presentate dagli operatori in parola e quelle presentate da altri operatori (…);
  • l’ente aggiudicatore ha la facoltà di indicare, nei documenti di gara, modalità di trattamento intese a riflettere la differenza oggettiva tra la situazione giuridica di detti operatori, da un lato, e quella degli operatori economici dell’Unione e dei paesi terzi che hanno concluso con l’Unione un siffatto accordo, ai sensi del citato articolo 25, dall’altro”.

Pertanto – chiosa il Consiglio di Stato – la disposizione di cui all’art. 69 del D.Lgs. n. 36/2023 (di recepimento dell’art. 25 della Direttiva) “non si può interpretare” come se fosse volta a consentire la partecipazione alle gare pubbliche delle imprese extra UE solo a condizione di reciprocità (ossia solo nei limiti definiti dall’AAP e dagli altri accordi internazionali dell’UE e solo per le imprese dei Paesi terzi firmatari di tali accordi).

Il “principio” da affermare, invece, “ è che l’accesso di tali imprese estere al mercato unionale degli appalti pubblici, lungi dall’essere vietato dalla legge, è ammesso, ma non è garantito, cosicché la stazione appaltante ben può, motivando, escludere tali imprese dalla gara”.

Merita una riflessione il modo con cui l’Ente appaltante può escludere tali imprese dalla gara: si deve trattare di un’esclusione motivata, e che – come si evince dalle citate sentenze della Corte di giustizia – deve poggiarsi su indicazioni stabilitenei documenti di gara”, dunque a monte della procedura.

D’altronde, come rilevato – sia pur incidentalmente – dalla Corte di giustizia, e ripreso dal Consiglio di Stato nella sentenza in commento, occorre pur sempre rispettare, anche nei confronti di tali imprese estere, i principi di certezza del diritto, tutela del legittimo affidamento, trasparenza e clare loqui.

avv. Matteo Parini

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