Avvocato: i compensi erogati ai domiciliatari non sono rilevanti ai fini Irap

Avvocato: i compensi erogati ai domiciliatari non sono rilevanti ai fini Irap

Avvocato: i compensi erogati ai domiciliatari non sono rilevanti ai fini Irap Francesca Marra

In tema di IRAP, non sono rilevanti ai fini impositivi i compensi occasionalmente erogati dall’avvocato ai colleghi appartenenti ad altri fori per le domiciliazioni.

È quanto emerge dalla lettura dell’ordinanza n. 179/2019 della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione, depositata il 15 gennaio ultimo scorso che ha accolto il ricorso presentato da un avvocato a cui i giudici di merito avevano negato, in primo ed in secondo grado, il diritto al rimborso dell’IRAP versata per tre annualità. In particolare la Commissione Regionale aveva rilevato che il rapporto tra i ricavi dell’attività professionale e le spese dimostrava l’esistenza di una adeguata organizzazione volta al conseguimento di un valore aggiunto derivante da una autonoma attività professionale soggetta a IRAP.

Il ricorrente – che aveva fondato le proprie difese sul presupposto che l’imposta non fosse dovuta poiché l’attività era stata svolta a livello individuale, con pochi mezzi e strutture lavorative limitate – si doleva, fra l’altro, del fatto che la CTR avesse omesso di esaminare la documentazione allegata dalla quale emergeva che i terzi cui egli aveva erogato dei compensi non erano suoi collaboratori abituali e continuativi, bensì professionisti che avevano prestato la loro attività, in via autonoma ed occasionale, quali domiciliatari. Il Supremo Collegio ha ricordato che il presupposto per l’applicazione dell’IRAP, secondo la previsione del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, è l’esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi ed hanno quindi precisato che l’entità dei compensi percepiti dal contribuente e, cioè, l’ammontare del reddito conseguito, è irrilevante ai fini della ricorrenza del presupposto dell’autonoma organizzazione, richiesto dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2 (Sez. T, n. 22705/2016) e che “d‘altro canto le spese consistenti possono derivare da costi strettamente afferenti all’aspetto personale (spese alberghiere o di rappresentanza, assicurazione per i rischi professionali o il carburante utilizzato per il veicolo strumentale) e, pertanto, rappresentare un mero elemento passivo dell’attività professionale, non funzionale allo sviluppo della produttività e non correlato all’implementazione dell’aspetto organizzativo (Sez. 6-T, n. 23557/2016).

Alla luce di tali principi,  gli elementi valorizzati dalla CTR  sono stati “neutri” o “irrilevanti” ai fini della decisione che è stata quindi cassata con rinvio. Per converso è stato evidenziato che la documentazione prodotta (relativa a compensi occasionalmente erogati per attività di domiciliazione), la cui valutazione era stata omessa dal giudice di merito, avrebbe potuto incidere sulla decisione finale nel senso di escludere il ricorso ad una collaborazione esterna abituale e continuativa e, dunque, uno dei requisiti indefettibili per configurare l’autonoma organizzazione in capo al professionista.

avv. Francesca Marra

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