L’art. 2495 c.c. prevede che “ferma restando l’estinzione della società, dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti del liquidatore, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi“.
Giova ricordare che l’incarico rivestito impone al liquidatore il dovere di agire in modo conservativo, utile alla liquidazione, così da evitare la dispersione del patrimonio sociale, oramai destinato alla liquidazione, e dunque al pagamento dei debiti sociali e alla distribuzione dell’attivo, ove presente, a favore dei soci.
La responsabilità “illimitata” del liquidatore, una volta che ha provveduto a cancellare la società, permane direttamente nei confronti del singolo creditore rimasto eventualmente insoddisfatto, ove il mancato pagamento del credito sia derivato dalla violazione degli obblighi connaturati all’incarico ricevuto.
Trattandosi di una responsabilità di natura extracontrattuale, il creditore rimasto insoddisfatto che intenda agire nei confronti del liquidatore avrà l’onere di provare non solo i presupposti oggettivi della fattispecie – condotta, nesso causale e danno – ma anche l’elemento costitutivo di natura soggettiva, ossia la condotta colposa o dolosa del liquidatore.
Un’ipotesi particolare di responsabilità per colpa del liquidatore è ravvisabile ove questi ingiustamente nella fase di pagamento dei debiti sociali, pretermetta un creditore con trattamento preferenziale andato in favore di altri creditori.
Fra obblighi connessi all’incarico – sebbene non espressamente menzionato nelle norme che disciplinano la materia – vige, infatti,quello rispettare il precetto della par condicio creditorum nella fase di pagamento dei debiti sociali nel corso della liquidazione. È quindi precipuo dovere del liquidatore accertare la composizione dei debiti sociali prima di procedere ai relativi pagamenti, e di graduarli , nel rispetto dei privilegi legali che li assistono, riparando gli eventuali errori od omissioni commessi dagli amministratori cessati dalla carica nel rappresentare la situazione contabile e patrimoniale della società, riconoscendo debiti eventualmente non appostati nei bilanci.
In tal caso, sotto un profilo probatorio, non rileva tanto la sussistenza o meno di un residuo attivo da ripartire tra i soci nel bilancio finale di liquidazione, nè tantomeno l’appostazione o meno nel bilancio finale di liquidazione del corrispondente debito sociale non pagato, quanto piuttosto l’indicazione, da parte del creditore che agisce in responsabilità, del credito sociale non considerato e dello specifico danno subito in rapporto ad altri crediti andati soddisfatti.
Al riguardo si è recentemente pronunciata la Corte di Cassazione (Sez. III, Ord., 12-06-2020, n. 11304) che ha espresso il seguente principio: “in tema di responsabilità del liquidatore nei confronti dei creditori sociali rimasti insoddisfatti dopo la cancellazione della società, ex art. 2495 c.c., comma 2, il conseguimento, nel bilancio finale di liquidazione, di un azzeramento della massa attiva non in grado di soddisfare un credito non appostato nel bilancio finale di liquidazione, ma comunque provato quanto alla sua sussistenza già nella fase di liquidazione, è fonte di responsabilità illimitata del liquidatore verso il creditore pretermesso, qualora sia allegato e dimostrato che la gestione operata dal liquidatore evidenzi l’esecuzione di pagamenti in spregio del principio della par condicio creditorum, in violazione delle cause legittime di prelazione ex art. 2741 c.c., comma 2. Pertanto, ove il patrimonio si sia rivelato insufficiente per soddisfare alcuni creditori sociali, il liquidatore, per liberarsi dalla responsabilità su di lui gravante in riferimento al dovere di svolgere un’ordinata gestione liquidatoria del patrimonio sociale destinato al pagamento dei debiti sociali, ha l’onere di allegare e dimostrare che l’intervenuto azzeramento della massa attiva tramite il pagamento dei debiti sociali non è riferibile a una condotta assunta in danno del diritto del singolo creditore di ricevere uguale trattamento rispetto ad altri creditori, salve le cause legittime di prelazione ex art. 2741 c.c.“.
avv. Francesca Marra