SLM | NEWS È possibile prevedere l’attribuzione del diritto di uso esclusivo su parti comuni del condominio?

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SLM | NEWS È possibile prevedere l’attribuzione del diritto di uso esclusivo su parti comuni del condominio? 1400 800 Federica Boga

La natura e l’eventuale esistenza del diritto di uso esclusivo su parti comuni di un condominio sono state oggetto di approfondimento da parte delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con l’ancora attualissima e rivoluzionaria sentenza n. 28972 del 17 dicembre 2020.

La Suprema Corte ha innanzitutto precisato come in ambito condominiale il diritto di uso esclusivo sia nato dalla prassi notarile e altro non è se non una clausola che concede ad una unità immobiliare l’uso esclusivo di un’area che in realtà è di proprietà comune. Tale diritto non incide sull’appartenenza dell’area alla collettività bensì sul riparto delle facoltà di godimento dell’area stessa. Si tratta di un diritto tendenzialmente perpetuo e trasferibile ai successivi aventi causa dell’unità immobiliare a cui accede.

Anziché chiarire in cosa consista il diritto di uso esclusivo, la Cassazione si è soffermata su cosa esso non sia: non si tratta di una servitù (non potendosi ammettere una facoltà di godimento generale da parte del proprietario del fondo dominante a danno del fondo servente), di un diritto reale atipico né tantomeno di una obbligazione propter rem. Esso differisce altresì dal diritto di uso, diritto reale simile all’usufrutto ma caratterizzato da poteri più limitati. Il titolare del diritto, infatti, può servirsi della cosa altrui nei limiti di quanto occorra a lui e alla propria famiglia. Il diritto di uso non è cedibile e non può superare la vita dell’usuario.

È bene precisare come la legge preveda un unico caso di diritto di uso esclusivo, con riferimento al lastrico solare (art. 1126 c.c.). Si tratta, però, di una fattispecie parzialmente diversa in quanto, considerando l’ubicazione e la conformazione del lastrico solare, il suo uso esclusivo non priva gli altri condomini del godimento del bene comune, a cui non potrebbero comunque accedere.

Sulla base di tali premesse, con la sopra citata sentenza la Corte di Cassazione a Sezioni Unite giunge ad affermare che i privati non possono creare contrattualmente un “diritto reale di uso esclusivo” su una parte comune del condominio (nel caso specifico, su una porzione di cortile). Così facendo, infatti, si genererebbe una figura di diritto reale non contemplata dalla legge e soprattutto si svuoterebbe del contenuto essenziale il diritto di proprietà degli altri condomini sulla parte comune giacché l’uso del bene verrebbe concentrato in capo ad uno o più condomini escludendo tutti gli altri. Verrebbe, pertanto, violato il principio di uso paritario del bene condominiale (art. 1102 c.c.) nonché quello del numero chiuso e della tipicità dei diritti reali.

È, invece, possibile prevedere, secondo il disposto dell’art. 1123, II comma, c.c., che uno o più condomini facciano un uso più intenso della cosa comune rispetto agli altri purché ciò non svuoti il contenuto essenziale del diritto di proprietà.

Alla luce di tutto quanto sopra, occorre indagare se la volontà delle parti, al momento della pattuizione contrattuale del “diritto reale di uso esclusivo”, fosse limitata all’uso della parte comune ex art. 1021 c.c., riservandone la proprietà alla collettività dei condomini, oppure diretta al trasferimento della proprietà stessa. Tertium non datur.

avv. Federica Boga

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