SLM | NEWS Diritto al dissenso: illegittimo il licenziamento del dirigente per aver mosso critiche nei confronti della società datoriale

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SLM | NEWS Diritto al dissenso: illegittimo il licenziamento del dirigente per aver mosso critiche nei confronti della società datoriale 1400 800 Stefania Massarenti

Con la sentenza n. 17689/2022 la Corte di Cassazione ha deciso che non integra di per sé la giustificatezza del licenziamento la condotta del dirigente che, anche al fine di non incorrere in responsabilità verso la società per atti e comportamenti degli amministratori, eserciti, in maniera non pretestuosa, il diritto al dissenso, con modalità non diffamatorie o offensive.

Il caso affrontato dalla sentenza in esame riguarda il licenziamento di un direttore generale che, nel corso del consiglio di amministrazione convocato per l’approvazione del bilancio, aveva segnalato alcune irregolarità contabili in grado di esporre la società ed i suoi amministratori al rischio di commissione di reati. La società, all’esito di verifiche tecnico-contabili sollecitate dal collegio sindacale e dai revisori, lo aveva quindi licenziato per giusta causa appurato che le critiche da questi mosse erano risultate sostanzialmente infondate.

In giudizio, la Corte di Cassazione, annullando l’opposta decisione della Corte d’appello, accoglieva il ricorso del dirigente, ricordando che, ancor prima che la normativa di whistleblowing disciplinata dalla L.197/2017 entrasse in vigore, la propria consolidata giurisprudenza aveva già statuito che un dipendente, indotto a denunciare il datore di lavoro per supposti comportamenti illeciti, potesse essere sanzionato solamente ove sussistessero i presupposti della calunnia. A parere della Suprema Corte la mera infondatezza della denuncia non potrebbe, invece, comportare conseguenze disciplinari poiché “la collaborazione del cittadino, che risponda ad un interesse pubblico superiore, verrebbe significativamente scoraggiata ove quest’ultimo potesse essere chiamato a rispondere delle conseguenze pregiudizievoli prodottesi a seguito di denunce che, sebbene inesatte o infondate, siano state presentate senza alcun intento calunnioso“.

Nella sentenza in esame la Suprema Corte ha altresì argomentato che – pur non essendo configurabile un generico dovere dei cittadini che non svolgono pubbliche funzioni di denunciare comportamenti illeciti a loro noti – esiste tuttavia un favor dell’ordinamento nei confronti della “collaborazione prestata dal cittadino, in quanto finalizzata alla realizzazione dell’interesse pubblico alla repressione dei fatti illeciti”.

Avv. Stefania Massarenti

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