SLM | NEWS I congedi straordinari per l’assistenza al congiunto disabile nel pubblico impiego: la difficile interpretazione del concetto di “convivenza”

SLM | NEWS I congedi straordinari per l’assistenza al congiunto disabile nel pubblico impiego: la difficile interpretazione del concetto di “convivenza”

SLM | NEWS I congedi straordinari per l’assistenza al congiunto disabile nel pubblico impiego: la difficile interpretazione del concetto di “convivenza” 1400 800 Paola Balzarini

Con la sentenza n. 432 del 20 settembre 2022, la Corte dei Conti, Prima Sezione Centrale di Appello è tornata a pronunciarsi in tema di indebita fruizione di congedi straordinari ex art. 42, comma 5, della Legge n. 151/2001 da parte di dipendenti pubblici.

Nel confermare la pronuncia di prime cure, la Corte dei Conti d’Appello ha condannato i dipendenti al risarcimento del danno per l’indebita percezione della retribuzione in costanza della fruizione di congedi straordinari ottenuti, per la carenza di alcuni requisiti di fatto necessari per il loro legittimo godimento.

In particolare, la Corte ha accertato il complessivo carattere fittizio e artificioso delle operazioni poste in essere dai dipendenti, strettamente finalizzate a far apparire i congedi rispettosi della normativa allora vigente, ma in realtà carenti (a) del requisito della “convivenza” stabile e continua con i propri congiunti previsto dall’art. 42, comma 5, del D.Lgs. n. 151/2001, nel testo vigente all’epoca dei fatti; (b) dell’attività di assistenza prestata in maniera stabile e continuativa, diversa dalle presenze sporadiche degli assistenti, compatibili con il rapporto filiale, ma non idonee a giustificare la fruizione di un congedo a tempo pieno di durata quasi biennale.

Nella motivazione della sentenza si è posto l’accento sull’assenza di raccordo tra la residenza dell’accudente per farla coincidere con quella del congiunto da assistere: il requisito della coabitazione, infatti, è prodromico e sintomatico dello svolgimento di un’effettiva assistenza al congiunto bisognoso. Tuttavia, la “coabitazione” non è elemento di per sè idoneo e sufficiente ad esaurire il concetto di “convivenza”. Tant’è che ciò che appare decisivo nel caso di specie è l’accertamento da parte del Giudice della mancanza di un’attività di assistenza prestata in maniera effettiva, stabile e continuativa.

Benché, quindi, la pronuncia in commento soffermi la propria indagine sul raccordo di residenza assistente – assistito, la stessa non pare contraddire il recente e innovativo orientamento giurisprudenziale (cfr. Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Lombardia, sentenza n. 261 del 21 settembre 2021), secondo cui il concetto di assistenza a persona disabile con handicap grave, sia nell’ambito dell’istituto previsto dalla Legge n. 104/1992, sia in quello di cui al D.Lgs. n. 151/2001, ai fini della concessione al dipendente pubblico dei relativi permessi non va inteso come vicinanza continuativa ed ininterrotta alla persona disabile, atteso che la cura di un congiunto affetto da menomazioni psico-fisiche, non in grado di provvedere alle esigenze fondamentali di vita, spesso richiede interventi diversificati, non implicanti la vicinanza continuativa allo stesso, a condizione che venga assicurata una stretta correlazione causale tra assenza dal lavoro e cura del soggetto bisognoso (cfr. anche Cass. Civ., Sez. Lavoro, n.12032/2020; Cass. Pen., Sez. II, n.54712/2016; Tar. Sardegna, Sez. I, n.224/2020; Corte dei conti, Sez. Lazio, n.2039/2009).

Sotto questi punti di vista, la pronuncia assume rilievo in materia sotto diversi aspetti.

In primo luogo, infatti, occorre ricordare che le risultanze delle verifiche in sede di Giustizia Contabile possono essere oggetto di apprezzamenti e convincimenti in sede penale e giuslavoristica e viceversa. E invero, benché il processo contabile si collochi in un rapporto di indipendenza, data la diversità dei loro oggetti, rispetto sia a quello penale – che indaga la responsabilità derivante da reato (in ipotesi del reato di cui agli artt. 81 e 640, comma 1 e 2, c.p. in relazione all’art. 358 c.p.) -, sia a quello giuslavoristico – che indaga la responsabilità disciplinare in rapporto al contratto di lavoro) -, dall’illegittima fruizione dei congedi straordinari ex art. 42, comma 5, del D.Lgs. n. 151/2001 può derivare una responsabilità non solo erariale, ma anche penale e disciplinare.

In secondo luogo, la pronuncia risulta essere un utile punto di riferimento per l’interpretazione del concetto di “convivenza” che, non solo è già di per sé di difficile definizione all’interno della materia di cui trattasi, ma è altresì un concetto che subisce le continue influenze dei mutamenti sociali in atto (si pensi alle formazioni sociali diverse dalla famiglia fondata sul matrimonio, quali le c.d. famiglie allargate, o le coppie di fatto o la convivenza di fatto, etc. e al conseguente diverso significato del termine “prossimo congiunto”).

I numerosi interventi giurisprudenziali sul punto, per un approfondimento si vedano le sentenze della Corte Cost. n. 233/2005; n. 258/2007, n. 19/2009, n. 203/2013; n. 232/2018, sono stati – quantomeno in parte – recentemente recepiti dal legislatore nazionale con il D.Lgs. 30 giugno 2022, n. 105, (G.U. – Serie Generale n. 176 del 29 luglio 2022), in vigore dal 13 agosto 2022, che, in attuazione alla direttiva (UE) 2019/1158, ha introdotto alcune novità normative in materia di congedo straordinario di cui all’articolo 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (cfr. art. 2, comma 1, lettera n), del D.Lgs. n. 105/2022).

Sul punto, si evidenzia che l’INPS con il messaggio n. 3096/2022 ha diramato chiarimenti in merito alle novità introdotte alla disciplina delle misure contenute nel D.Lgs. n. 151/2001, rinviando a una successiva circolare per l’adozione delle istruzioni operative nonchè degli aggiornamenti delle procedure e dei modelli.

avv. Paola Balzarini
avv. Claudio Gianoncelli

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